Un noto fotogiornalista turco, Bülent Kılıç, è stato brutalmente fermato dalla polizia turca mentre stava documentando il pride di Instanbul. Il fatto risale al 26 giugno, ma la stampa ne dà notizia oggi, dopo i violenti scontri tra poliziotti e manifestanti nell’ex capitale turca. Ricordiamo che le autorità hanno deciso di vietare il pride per il settimo anno consecutivo. Le ragioni? Motivi di ordine pubblico e per evitare provocazioni. Ciò non ha fermato gruppi di militanti che hanno invaso le piazze della città, attirando la reazione delle forze dell’ordine.
Le violenze al pride di Instanbul
In mezzo al parapiglia, i poliziotti hanno anche fermato il giornalista che stava semplicemente svolgendo il suo lavoro. Come riporta Il Post, «il violento arresto di Kılıç è stato documentato da diverse persone sui social network: nei video si vedono alcuni poliziotti gettarlo a terra; si vede anche uno di loro che lo tiene fermo premendogli il ginocchio sul collo, una pratica che può causare soffocamento». La vittima della brutale aggressione ha dichiarato sui social: «È stato fatto un attentato alla mia vita: hanno tentato di soffocarmi».
Ecco cosa significa evitare gli “eccessi”
La polizia, dal canto suo, minimizza. «Kılıç era “purtroppo” tra le persone che erano state arrestate per aver partecipato a una manifestazione vietata» apprendiamo ancora. È stata aperta un’inchiesta sui fatti che vedono coinvolto il giornalista. Di certo, questo attentato alla libertà di stampa e alla libertà di manifestare dovrebbe fare riflettere molti e molte – anche dentro la nostra comunità – che negli ultimi giorni si sono scagliati contro gli “eccessi” dei pride di Roma e Milano, bollandole come provocazioni. Ecco cosa succede quando si vogliono evitare provocazioni. Si sospende la democrazia, come al pride di Instabul. A suon di manganello.