Una lettera aperta in difesa del diritto all’aborto viene firmata da 29 personalità politiche di diversi Paesi che si schierano a fianco delle donne: l’Italia non c’è.
A diffondere la lettera è stato il movimento globale She Decides e tra i firmatari e le firmatarie – che sono qui – non c’è nessun accenno al nostro Paese: tra le richieste del documento la diffusione di campagne informative circa il diritto all’interruzione di gravidanza e alle modalità di accesso al servizio che, come scritto qui, non sono chiare e facili da reperire.
Il contenuto della lettera aperta
«Nessuna donna dovrebbe essere costretta a portare a termine una gravidanza indesiderata. E nessuna donna dovrebbe morire a causa della gravidanza o del parto». C’è scritto nella lettera aperta, che continua: «Alla base di un mondo giusto ed equo per le donne e le ragazze è il diritto di decidere del proprio corpo. Ovunque, ogni donna ha diritto all’aborto sicuro e legale, all’assistenza sanitaria materna e ostetrica, all’educazione sessuale completa e alla contraccezione».
Perché l’esigenza di questo documento? Perché il diritto all’aborto è fortemente minacciato da ideologie repressive e dalla situazione provocata dalla pandemia: molte cliniche sono ancora chiuse e l’obiezione di coscienza tra operatori e operatrici è dilagante. Sopratutto in Italia.
L’Italia non firma in difesa dell’aborto
Il rischio principale è di tornare indietro a quando l’aborto era illegale: già oggi alcuni Stati americani hanno reso l’aborto illegale impedendolo anche in caso di gravidanze nate da stupri o incesti grazie alle propagande portate avanti dai movimenti pro-life.
In Europa si schierano a fianco delle donne e pro diritto all’aborto i ministri del governo di cinque Paesi europei oltre a 24 tra politici, attivisti e operatori sanitari: l’Italia non c’è.
Tra l’altro ricordiamo che il Comitato europeo dei diritti sociali, organo del Consiglio d’Europa, ha denunciato il sistema italiano in tema di diritto all’aborto. Per cosa? Per esempio per il fatto che il Ministero della Salute da diversi anni non fornisce, neanche su richiesta, i dati sulle violazioni dei diritti riproduttivi, sugli aborti clandestini e sulle conseguenze dell’aumento degli obiettori.